L’affissione selvaggia di manifesti elettorali, è un malcostume che coinvolge tutte le grandi città italiane e, ovviamente, Catania non poteva non distinguersi anche in questa prestigiosa attività. Puntualmente, ad ogni tornata elettorale le schiere degli attacchini al soldo dei politici, ragazzi che in cambio della promessa di un futura raccomandazione si occupano della loro propaganda elettorale, si riversano sulla città come un tremendo “tsunami” e la ricoprono di un variopinto manto di facce, stemmi e slogan da quattro soldi (si fa per dire perché la posta in palio è molto più alta).
Niente sfugge a questo esercito armato di colla e molta faccia tosta: muri fino ad allora sopravvissuti miracolosamente vergini allo spray dei “graffitari", ponti stradali, pali della luce, pareti di palazzi fino ad altezze che neppure il più temerario dei ladri d’appartamento oserebbe raggiungere, e persino cassonetti della spazzatura, sono travolti senza possibilità di difesa.
In più spesso fra gli eserciti dei candidati si scatena una guerra senza esclusione di colpi: ho visto gigantografie di candidati venire coperte nel giro di una notte da mini manifesti di un avversario, per poi essere nuovamente occultati da una nuova gigantografia il giorno dopo. Come risultato i manifesti crescono di spessore ad un ritmo tale che rischiano di far crollare i muri più vecchi sotto il loro peso.
La legge parla chiaro: i manifesti elettorali dovrebbero essere affissi negli appositi spazi, ma finché i candidati non saranno ritenuti responsabili delle violazioni in materia di affissione, ed obbligati a ripulire a loro spese i guasti al già poco attraente ambiente urbano, la situazione è destinata perpetuarsi senza speranza e a peggiorare visto l’attuale ritmo di elezioni poli-comu-regio-provi-refendari.


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